IL MINIMO SUFFICIENTE
ORTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PALERMO, 2022
La performance Il minimo sufficiente fa parte della prima delle quattro sessioni della residenza d’artista (clicca qui) di Tiziana Cera Rosco all’Orto Botanico dell’università di Palermo. Una residenza annuale e pionieristica, voluta dal SiMua insieme all’artista, esperienza unica al mondo che ha visto Tiziana Cera Rosco costruire un Habitat proprio dentro questo Giardino Botanico, trasformando una rimessa degli attrezzi, in studio, casa e chiesetta rurale.
La prima sessione che si intitola Naufragio (clicca qui) indaga il rapporto con l’Opera e la disponibilità dell’artista al suo accadere, una disponibilità fatta di linguaggio, gesti e atti di preparazione.
In questa performance l’artista, dopo aver interrato per 21 giorni 500 garze vicino le radici di un ficus all’interno dell’Orto Botanico, le ricuce addossata alla pianta formando una coperta -il minimo sufficiente per coprirsi- che userà poi nel letto posto in studio come atto abitativo, perché dove metti un giaciglio li poni la tua fiducia.
“Le garze sono state la mia salvezza. Ho iniziato tutta la mia attività scultorea da loro. In un libro di mistica medievale lessi che veniva usato il gesso per sfebbrare ed io soffrivo di ebbri altissime. E così iniziò la mia avventura con i calchi, ossia con la forma che le garze gessate, asciugandosi, addosso conservavano del mio viso. Le bende per me sono come la carta, una forma di assorbimento del linguaggio ma anche lo scheletro di corpi fragili, un reperto di temperatura vivente.
Quando sono arrivata in orto ho raccolto gli scheletri delle foglie, sono stati i primissimi reperti (per me che tento da sempre di dissotterrare un remoto osseo da dentro di me) a cui mi sono dedicata. Ho interrato vicino le radici dei ficus 500 sottili garze e ho cucito insieme i pezzi, un po’ come quando si usano le bende per tenere insieme le fratture, un po’ come faccio con me stessa e nel mio lavoro che è tutt’uno con me, un telo di 70 pezzi. Un minimo, una coperta fragile. Faccio tutte queste cose non vista, in solitaria e poi le racconto. Sappiamo bene che la questione non è il pubblico ma il testimone. Siamo qui per testimoniarci tutti.”