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Nel 2023 Tiziana Cera Rosco espone a Palermo nella Chiesa di S. Euno e Giuliano, come già prima nell’abbazia di Sitria in Umbria, l’opera “Fiore della non conoscenza”, una vulva rosso melograno dalle dimensioni di 5 metri, dipinta con la tecnica manuale della battitura di materiale organico su lenzuolo, una tecnica che ha richiesto due mesi di lavoro continuo e che è stata la sua pratica meditativa sul tempo e sul linguaggio. L’opera, che da il via ad una serie di oltre 90 opere sul tema, prende il titolo da “La nube della non conoscenza”, un libro anonimo scritto da un mistico medioevale e questo ci permette di capire la ricerca dell’artista.

Partendo dal titolo di questo libro, vediamo come il termine “nube” slitta in “fiore”, come a voler superare una conoscenza oscura, per nebulose di senso e voler arrivare al centro di apertura della permutazione della conoscenza.

C’è un monito presente in questo libro che dice “per paura che tu comprendessi in senso materiale quello che era inteso in senso spirituale”, ed è proprio questo invito che apre il lavoro dell’artista sulla Vulva Christi: una via spirituale di verticalizzazione e amplificazione dell’immagine.

Ma di quale immagine parliamo?

Parliamo della ferita delle ferite, quella del costato sul corpo di Cristo, la ferita eccellente.

Una ferita che proprio verticalizzata diventa una Vulva, la più scandalosa delle vulve perché riferita ad un Dio che sanguina proprio da lì, e che l’immaginario medioevale sviluppa in tutte le sue funzioni spirituali: entrata, uscita, slabbramento, luogo partoriente, allattamento, luogo contenitivo, sanguinamento, desiderio di contatto psicofisico fino a diventare non solo una vulva che trasforma il corpo di Cristo in un maschile/femminile  neutro e fruttifero ma che si ricollega a tutte le tradizioni in cui la mandorla mistica compare come forma delle forme, un archetipo spirituale.

Nel libro di preghiere di Bonne di Lussemburgo, duchessa di Normandia, in una delle tantissime immagini sul tema, due angeli reggono un lenzuolo con sopra raffigurata proprio questa vulva rossa, più canale ancora diventa, nel libro Le Ore di Caterina di Kleve la ferita adagiata sul calice d’oro, ma ne possiamo trovare tantissimi di riferimenti a miniature medioevali e post medioevali che arricchiscono i libretti delle ore. Una notizia che forse vale la pena di ricordare, perché nel libro di Bonne, forse quello più famoso, è un femminile che passa la staffetta di questa immaginazione è appunto il libretto: le miniature, infatti, sono realizzate per la monaca aristocratica Bonne di Lussemburgo, da Bourgot Le Noir, figlia del famoso miniaturista Jean Le Noir, a cui era stato affidato il libro per l’illustrazione e che dunque passa l’incarico alla figlia di cui non si conoscono altre illustrazioni seguenti, ma pare solo questo unicum visionario e metafisicamente corporale.

E così “contemporaneità del gender sul tema della Vulva Christi”, “iperboli spirituali” e “carnalità dell’ulteriore” -basti pensare che le immagini dei libretti medioevali spesso erano consumate come se nell’atto più spirituale di tutti, quello della preghiera, ci fosse comunque un bisogno di contatto fisico con l’estremo- svelano il sotteso della ricerca di Tiziana Cera Rosco, da sempre dedicata di sindoni vegetali, ricerche spirituali di contatto con l’immagine di cui siamo fatti.

Da non trascurare il motivo portante del sangue, perché tutto questo immaginario riporta a quel colore e a quel significato, qui realizzato a tintura di melograno, e proprio come coaguli di sangue sono gli exvoto che l’artista realizza come veri e propri coagulamenti degli organi di lavoro: le garze con dentro l’organico del pigmento della battitura, che vengono lasciate ammuffire, decomporsi, essiccarsi fino alla loro completa stabilizzazione e che creano non solo reperti organici materiali dalle forme carnali ma anche aloni degli stessi su lenzuola, ossia sindoni, impressioni della materialità del corpo che sparisce nel suo essiccamento fino a diventare un simbolo che sempre ci parla della forma archetipica.

È una conoscenza corporale ma non in forma materiale, che fiorisce proprio sull’impossibile contattonell’estrema apertura al contatto impossibile e per questo verissimo e inverificabile.

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